18.5.07

ΟΜΟΦΥΛΟΦΙΛΙΑ, ΕΝΑΣ ΤΡΟΠΟΣ ΝΑ ΤΡΑΓΟΥΔΑΣ

Davide Daolmi - Emanuele Senici: «L’omosessualità è un modo di cantare» Il
contributo queer all’indagine sull’opera in musica
La ricerca storica e umanistica si è recentemente aperta ad ambiti d’indagine fino a poco tempo fa impensabili; fra di essi, spicca un’attenzione non superficiale al ruolo che l’omoses­sualità ha svolto nella storia della cultura, e quindi della musica. Il fenomeno interessa soprattutto l’ambiente accademico nordamericano, mentre la partecipazione italiana allo studio sui rapporti fra omosessualità e musica è stata finora pressoché nulla. Con questo intervento proviamo a rompere il silenzio, rivolgendo la nostra attenzione ai contributi su omosessualità e opera in musica, che rappresentano una porzione significativa di quanto apparso finora, e nel contempo riguardano più da vicino i nostri interessi. Ci è sembrato che un’organizzazione tripartita – teorica storica sociologica – meglio rispondesse agli orientamenti che emergono da tali contributi. Nella prima parte tentiamo di ripercorrere in breve le premesse metodologiche e storiografiche delle teorie sull’omoses­sualità e delle loro applicazioni all’opera in musica; nella seconda proponiamo uno sguardo omosessuale alla storia dell’opera, in una disposizione cronologica che vuole in certo qual modo reagire, almeno implicitamente, all’appiattimento storico percepibile in una parte della bibliografia qui presentata; nella sezione conclusiva presentiamo gli studi sulla recezione dell’opera in musica da un punto di vista gay.
Conviene avvertire fin d’ora che non abbiamo cercato di smussare le contraddizioni che emergono dalla lettura dei contributi che qui presentiamo, convinti come siamo che opinioni diversificate rappresentino non già un’impasse di fondo bensì un motivo di ricchezza interpretativa. La nostra speranza è d’incoraggiare una lettura critica della bibliografia, senza voler proporre una tesi – almeno non in questa sede – e senza voler discutere la validità dei metodi proposti da questi studi (la discussione avrebbe senso solo in una ricognizione di più ampio respiro). D’altra parte ci pare se non altro opportuno dichiarare che il nostro punto di vista, oltre ad essere collettivo (e quindi necessariamente mediato), è nel contempo italiano, maschile e gay: speriamo in questo senso che la nostra italianità ci permetta di non accogliere supinamente l’ottica statunitense; insieme chiediamo perdono alle lettrici se magari si sentiranno un po’ trascurate; e vogliamo ricordare che, se è vero che la nostra identità può costituire una posizione di parte, questa parte è peraltro abituata per necessità a pensare con la testa dell’altra.[1][1] Il nostro auspicio è che la strada aperta oltre Atlantico possa essere battuta in Italia con la competenza storica, sociale, nazionale che tanto gioverebbe ad un’espressione così “geneticamente” italiana come l’opera. Tutti dovrebbero sentirsi incoraggiati a prendere in considerazione tale approccio, a prescindere dal proprio privato o dal giudizio che ciascuno ritiene di formulare in merito, con la stessa spontaneità e lo stesso interesse con cui ci si confronta col parere di un altro, con cui si leggono i contributi in lingua straniera, con cui si tenta di non far confusione fra la propria formazione culturale e l’ambito di studio intrapreso. (...)

Διαβάστε ολόκληρο το άρθρο πιέζοντας εδώ

Δεν υπάρχουν σχόλια: